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Crash investigation - Airbus A 330 Air France


Sono passati due mesi dal tragico volo AF 447 dell’Air France e ci vorrà molto tempo per sapere, se mai si saprà, cosa è successo all’Airbus 330 precipitato in circostanze misteriose in mezzo all’atlantico. Di sicuro ci sono dei frammenti dell’aereo (sedili, pannelli, cablaggi, giubbetti di salvataggio intonsi e il timone dell’aereo) e una cinquantina di corpi recuperati in mezzo all’oceano due settimane dopo la tragedia. Ma cosa ha interrotto quel maledetto volo, quale circostanze tecniche, umane o meteorologiche ha potuto impedire ai piloti di lanciare un mayday?
Il viaggio dell’A 330-200 marche F-GZCP, equipaggiato con motori General Eletric CF6-80E entrato in servizio il 19 aprile del 2005, ha inizio dall’aeroporto di Rio de Janeiro il 31 maggio alle 19.03 locali con arrivo previsto al Charles de Gaulle 11 ore dopo. I passeggeri imbarcati risultano 228 compresi i membri dell’equipaggio; ai comandi siede il Comandante Marc Dubois, 58 anni, 11 mila ore di volo di cui 1.700 sul 330.
Qui è doveroso spiegare alcune cose; le rotte da e per il sud america corrono parallele dal sud america al nord Africa distanziate di 30 miglia. Inoltre in mezzo l’atlantico il contatto radio si interrompe in quanto c’è una zona d’ombra non coperta dalle frequenze radio. Gli equipaggi, prima di entrare in questa zona e perdere il contatto, anticipano ai controllori brasiliani i riporti che successivamente vengono passati al controllo di Dakkar.
L’aereo riporta di essere ormai prossimo al waypoint INTO situato a circa 550 km dalle coste nord-orientali del Brasile e vola ad una quota di 35 mila piedi a match 0.82 e alle 01.48 UTC lascia il controllo della FIR di Recife.
Alle 02.14 UTC il sistema ACARS (Aircraft Comunication Addressing and Reporting System), un sistema di sorveglianza via satellite sullo stato del velivolo, che consente lo scambio di informazioni (compresi i bollettini meteo) sia in manuale che in automatico, invia una serie di dati inerenti malfunzionamenti. I dati inviati e ricevuti dalla compagnia di bandiera francese al centro manutenzioni di Orly, interessano una serie di impianti. Alle 22.45 viene riportato un avviso sullo stato manutentivo, alle 02.10 un’anomalia alla configurazione della toilette, un warning alla configurazione della ventilazione, pressurizzazione, flight control, auto flight, navigation, air conditioning (per maggiori dettagli clicca qui). Sempre alle 02.10 viene ricevuto un warning sull’avaria del timone, uno sul PFD (Primary Flight Display) e alle 02.11 vanno in avaria le piattaforme inerziali, l’autopilota segna OFF (disattivato o inefficiente), l’avaria di 2 dei 5 computer che governano i comandi di volo, il TCAS (il sistema di anticollisione) e l’ISIS (Integrated Standby Instrument System) il sistema che fornisce informazioni su assetto e velocità. Alle 02.13 viene indicata un “failure” che riguarda la pressurizzazione della cabina.
I dati inviati dall’ACARS (tutti i grandi liners ne sono dotati), che sono puramente informativi e servono alle compagnie aeree per conoscere e anticipare, addirittura prima dell’atterraggio, gli interventi tecnici da porre in atto al fine di evitare lunghe soste negli aeroporti (con perdita di danaro); comunque questi avvertimenti sono sintomatici. Da più parti si chiede alla BEA (l’Ente preposto alle inchieste tecniche sugli incidenti aerei) di divulgare tutti i messaggi ACARS e non solo una parte.
Gli unici elementi per ricavare informazioni utili sono il flight data recorder e il cockpit voice recorder, le famose scatole nere che sono in fondo all’oceano profondo in quel punto più di 4500 metri; attualmente si cerca di raccogliere i segnali di localizzazione, ammesso che le scatole siano intatte e funzionanti. I detriti dell’aereo sono stati trovati in un raggio di 150 km probabilmente portati dalle correnti che in quella zona sono piuttosto forti.
Le condizioni meteorologiche nella zona erano difficili con temporali di forte intensità con fenomeni di convettivi e con fortissima presenza di ghiaccio (da –20° a – 90° di temperatura).
EASA (European Aviation Safety Agency) in data 5 giugno ha emanato un avviso inerente gli A 330 circa possibili malfunzionamenti degli apparati che forniscono le indicazioni della velocità dell’aria che non sarebbero affidabili per manutenzione non accurata, contaminazioni di piccoli corpi a terra o in volo, condizioni di ghiaccio al di fuori di quanto previsto dai manuali o grandi quantità d’acqua ingeriti.
L’imputato potrebbero essere le 3 sonde (tubo di pitot) che potrebbero aver innescato una serie di malfunzionamenti a cascata che i computer di bordo e i piloti non sono stati in grado di gestire.
I manuali di volo contemplano queste procedure (Air France aveva avuto problemi con i tubi di pitot (della Thales industries) prima sui A 320 e dopo sui 330 e 340 (che comunque sono stati sostituiti tempestivamente) indicando anche gli interventi da porre in atto.
Inoltre è da tener conto che quella notte esisteva un rischio di ghiaccio severo (comunque sui moderni liners ci sono vari sensori e impianti che avvisano con anticipo la formazione di ghiaccio e i manuali indicano chiaramente cosa fare). Inoltre anche l’ipotesi dei fulmini non deve essere sottovalutata in quanto possono causare campi elettromagnetici mettendo temporaneamente fuori uso qualche strumento ma il tutto normalmente rientra dopo una manciata di secondi tenendo conto che l’aereo volava ad una quota di 35 mila piedi (quasi 12 mila metri).
C’è da chiedersi perché il pilota, quando ha visto sul radar meteo una violenta formazione temporalesca, non abbia cambiato rotta come avevano fatto prima altri aerei? Si ipotizza per non correre il rischio di invadere un’aerovia parallela oppure lo ha fatto ma ormai era troppo tardi.
Attualmente non si ha nessun elemento per dire cosa sia successo ma quella notte sul volo AF 447 più di qualcosa non ha funzionato.
Di seguito l'interessante briefing della BEA e un altrettanto interessante articolo

Fuerteventura


This is a review about my holiday in Fuerteventura island

Dopo la Grecia quest’anno abbiamo deciso di passare le nostre vacanze in Spagna e precisamente a Fuerteventura una delle isole delle Canarie. Siccome difficilmente ci serviamo delle agenzie turistiche, ci siamo messi di buona lena sul computer per trovare qualcosa che facesse a caso nostro.
Quello che ci ha lasciato un po’ perplessi sono state le scarse informazioni che abbiamo trovato su internet a parte il sito dedicato all’isola (ma che non diceva molto) e un paio di recensioni trovate sul sito www.turistipercaso.it.
Comunque le informazioni recuperate sono state sufficienti per convincerci a partire. Con pochi clic per l’albergo e per il volo il viaggio era organizzato. Prenotazione del volo Iberia Torino-Fuerteventura (con scalo a Madrid). Siamo partiti da Torino con arrivo a Madrid dopo 2 ore di volo e imbarco per Fuerte dove siamo atterrati dopo 3 ore.
Abbiamo scelto di soggiornare nella cittadina di Corralejo perché le spiagge sono le più belle dell’isola e il paesino sembrava accattivante. Tramite il sito www.booking.com. Abbiamo prenotato un hotel a 4 stelle ad un costo qualità/prezzo molto buono.
L’aeroporto si trova a Porto del Rosario, il capoluogo dell’isola, distante da Corralejo 36 km circa. Avevamo pensato di prendere un taxi e successivamente affittare un’auto, ma il tragitto costa ben 42 euro e allora abbiamo optato per noleggiare un’automobile direttamente in aeroporto. Dopo aver provato le maggiori agenzie di rent a car abbiamo trovato conveniente rivolgerci alla CICAR www.cicar.com (14 gg. per 290 euro) considerando che la benzina costa 0,75 e il gasolio 0,65 euro al litro.
Guidare a Fuerteventura può presentare aspetti positivi in quanto la segnaletica è chiara ed il traffico è scarso ma si devono attentamente osservare i limiti di velocità (ci sono molti autovelox).
L’isola è di origine vulcanica e il terreno è brullo senza vegetazione dove è impossibile coltivare alcunché. Risalendo dal capoluogo verso Corralejo abbiano notato molte piccole spiagge sia di sabbia che scogli ma nulla in confronto a quello che abbiamo ammirato a bocca aperta prima di arrivare alla nostra destinazione. Il paesaggio cambia e iniziano distese di sabbia con le dune, autentici pezzi di deserto che sfociano a mare costituendo delle chilometriche spiagge sabbiose. Dall’inizio della nostra vacanza il vento è stato l’elemento dominante e che non ci ha mai lasciato; infatti Eolo caratterizza l’intera isola con una direzione da nord-est e che ne fa il paradiso dei surfisti. Fin dal primo giorno avevamo notato sulla spiaggia dei muretti circolari a secco fatte con le pietre laviche. Poi abbiamo capito che tali costruzioni servono ai bagnanti per ripararsi dal vento, prendere il sole e ripararsi dalla sabbia. In tutte le spiagge è praticato il naturalismo magari evitando, per rispetto, le aree attrezzate.
La nostra base era Corralejo costellata di ristoranti di cui, col tempo, abbiamo potuto capire che pochissimi sono spagnoli mentre emergono i ristoranti britannici (l’isola è meta del grande turismo british), italiani, cinesi. Abbiamo notato tantissime profumerie (dove conviene comperare ma non sempre) negozi di elettronica, quasi tutti gestiti da indiani di cui alcuni conoscenti ci hanno detto di diffidare perché la fregatura è dietro l’angolo.
Corralejo, potrebbe essere più carina, visto il flusso turistico, ma tutto sembra essere lasciato al caso, dall’urbanistica all’edilizia, soprattutto nel centro e sul lungomare (pedonale), dove si concentra la vita della città.
La movida notturna si svolge in alcuni locali con musica dal vivo, dai pub e da qualche discoteca.
Di tutte le località questa è quella più frequentata dai turisti italiani (a Corralejo sono residenti circa 3000 italiani).
Il mare è bello, pulito ma è pericoloso in quanto si abbattono sulla spiaggia dei cavalloni molto violenti che, con la risacca, si corre il rischio di essere portati al largo. Infatti molto attiva è la catena di osservazione dei baywatch che ti richiamano appena superi la safe zone. L’unico posto a nord-ovest dove puoi fare una nuotata è la zona del El Cotillo a circa 20 km da Corralejo che, con le sue calette di sabbia offre una certa tranquillità. El Cotillo è una zona in espansione dove si stanno costruendo alberghi per valorizzare la parte occidentale dell’isola. Attualmente è ideale per fare il bagno in quanto nella zona non esistono negozi, bar o altre facilities; l’unico locale di ristorazione è il ristorante “Azzurro”, gestito da una famiglia veneta.
Avendo più giorni a disposizione abbiamo fatto un giro dell’isola visitando quei luoghi turistici che internet indicava in maniera genericamente.
Siamo andati a Caletta de Fuste. Qui non esiste una vera e propria cittadina ma la zona è un insieme di alberghi, ristoranti, centri commerciali e le immancabili profumerie. La costa è fatta soprattutto di scogli e qualche spiaggia attrezzata e i turisti che soggiornano presso questi bellissimi hotels, soprattutto tedeschi e inglesi, preferiscono fare la vita di piscina. Curiosità del posto sono gli scoiattoli che si nascondono sotto le rocce e si avvicinano ai turisti per mangiare le noccioline dalle loro mani.
Sotto Caleta de Fuste, a 30’ di auto c’è un’area che si chiama Costa Calma. Anche qui è un agglomerato di alberghi e locali poste a cornice delle lunghissime spiagge bianche, alcune porzioni delle quali attrezzate. Al di fuori dell’area turistica non esistono ristoranti, bar, e locali di svago.
Lasciando Costa Calma e proseguendo sulla statale FV3 dopo 45’ si arriva a Morro Jable, l’ultimo grande paese a sud dell’isola, che si estende soprattutto sul lungomare con locali tipo lounge bar, pub, ristoranti, negozi di moda e profumerie. Soprattutto inglesi e tedeschi animano questa località.
Le spiagge sono di sabbia bianca larghe e lunghe, e più attrezzate che nel resto dell’isola. Il mare è un po’ più calmo di quello di Corralejo ma andare al largo è un azzardo che si può pagare caro.
Se si ha una settimana di vacanza conviene vedere solo questi posti, se non volete passare quasi tutto il tempo in auto. Infatti da Corralejo a Morro Jable sono più di 136 km e con i limiti di velocità imposti ci vogliono 2 ore di auto.
Altri paesi come La Oliva, Betancuria (antichissima capitale dell’isola) o Puerto del Rosario offrono al turista nulla o quasi.
La costa occidentale (escluso el cotillo) è formata da scogli battute da onde violente che non permettono assolutamente di fare il bagno.
A differenza dalla Spagna continentale la tavola non offre molto. I ristoranti propongono poca scelta principalmente carne di agnello, maiale e manzo o in alternativa il pescado che è meno gustoso, anche se cucinato alla griglia, perchè è pesce dell’atlantico. Inoltre sempre presenti le immancabili patatine fritte o la patata al forno (rugada) e la paella (che a noi non è piaciuta tanto: meglio quella continentale). Da segnalare i formaggi di capra proveniente dai allevamenti locali, principale attività economica dell’isola.
Inoltre da non sottovalutare i prezzi che non si discostano molto da quelli italiani.
Comunque segnaliamo “El toro bravo” e il “Waikiki” dove la qualità del cibo, ambiente e servizio sono sicuramente i migliori a fronte di costi più abbordabili.
Consigliamo di adottare la formula hotel con mezza pensione perché i ristoranti sono più cari. Bisognerebbe andare in qualche localino frequentato da gente del posto allora si potrebbero gustare le tapas, paragonabili ai nostri antipasti che si mangiano bevendo birra. Le potete trovare in due locali (spagnoli) vicino al porto rispettivamente la “Chalana” e uno molto local chiamato “Les copadres”.
In conclusione i consigli (sono sempre soggettivi) che possiamo darvi sono:
(1) Portate al seguito una maglia con le maniche lunghe per la sera;
(2) Comprate un ombrellone (costo da 6 a 10 euro) in quanto la maggior parte delle spiagge non sono attrezzate.
(3) Affittate un’auto per muovervi, non un motorino perché c’è troppo vento e l’isola è molto estesa; in alternativa (zona Corralejo) c’è un servizio di bus con cadenza ogni 30’ ma le corse terminano alle 23.00. Non c’è bisogno di affittare fuoristrada, come abbiamo letto in qualche recensione, in quanto le strade sterrate che portano alle spiagge/calette, sono tutte percorribili dalle normali auto.
(4) Se volete risparmiare consumate il pasto in albergo.
(5) Portatevi un repellente per le zanzare.
L’isola al di fuori di quello che abbiamo illustrato non offre molto di più. E’ problematico fare il bagno per i motivi che abbiamo detto e nelle spiagge più belle puoi solo farti “toccare” dalle onde; quindi chi sogna bagni e nuotate rimarrà deluso.
Per questo consigliamo di fare solo una settimana a Fuerteventura riservandosi magari la seconda per un'altra località.
Comunque vale la pena di visitare l’isola soprattutto per le bellissime spiagge e per l’atmosfera distensiva e selvaggia che ormai raramente si incontra nelle italiche spiagge.
Per vedere le foto clicca qui
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